Martedì sera Berlusconi ha telefonato in diretta a Ballarò per ribadire il concetto di una persecuzione dei magistrati comunisti contro la sua persona.
Sinceramente è stata un'esibizione di cui non si sentiva la mancanza.
Ora, che i magistrati siano schierati e strumentalizzati politicamente, nonché tutt'altro che al di spora di ogni sospetto, è un fatto (consiglio di leggere "Roba Nostra" di Carlo Vulpio per farsi un'idea) che solo i più ottusi sostenitori dell'antiberlusconismo possono ostinarsi a non voler vedere: altrimenti non si spiegherebbero casi come il processo SME dove è finito nel mirino degli inquirenti solo il Cavaliere, mentre altra gentaglia come De Benedetti e il ProFESSOr Prodi ne siano usciti miracolosamente illesi.
Ciononostante, con la sceneggiata dell'altra sera non ha fatto altro che esporsi ancora una volta al pubblico ludibrio, facendo peraltro la figura dell'ossessionato che ripete sempre la stessa solfa (me ne vengono in mente alcuni altri, peraltro).
Continuare a sbraitare ossessivamente di essere la povera vittima (andiamo, non è uno stinco di santo) dei "giudici comunisti" ha come immediato risultato la progressiva perdita della residua credibilità dell'individuo, che ricalca lo schema "excusatio non petita, accusatio manifesta" e rafforza le convinzioni di chi ritiene che questo schema persecutorio risieda esclusivamente nella mente paranoica di chi lo proclama.
Non è il segnale che io voglio vedere da parte di un Premier, da cui mi aspetto argomentazioni un po' più fredde e soprattutto circostanziate.
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