28 ottobre 2010

I soliti due pesi e due misure

Personalmente non nutro alcuna stima nei confronti di Daniele Capezzone: lo detestavo quando era nei Radicali, mi urta adesso nel PdL.
La sua espressione costantemente grave, seriosa e convinta sono sicuramente costruite a tavolino, e tradiscono una buona dose di ipocrisia di fondo, peraltro confermata dal suo passaggio da un estremo all'altro dell'arco costituzionale.
Almeno, questo è il mio parere sull'individuo.

Ciononostante ritengo che la sua aggressione avvenuta l'alta sera sia un evento assolutamente deprecabile e condannabile: qualunque sia il contesto, dare voce al proprio malcontento è assolutamente lecito, l'esercizio della violenza per esprimere le proprie posizioni no.
Chi si è reso protagonista di tale gesto (alla stregua di chi aggredì Berlusconi col treppiede o con il modellino del Duomo) è passato dalla parte del torto e per quanto mi riguarda non è assolutamente dissimile dagli ultras che ogni settimana infestano gli stadi di calcio.

D'altronde è da parecchio che sostengo che ormai il livello del confronto politico in Italia sia assolutamente conformato al tifo sportivo: barriere di sordi contro sordi che non sono disposti a dare ascolto alle parole dell'avversario a prescindere dal contenuto.

E questa impressione è confermata da uno scambio di opinioni cui ho partecipato ieri su Facebook.
La stragrande maggioranza dei commenti (ok, tutti tranne i miei, via) erano a sostegno e plauso dell'agressore. Alcuni addirittura si rammaricavano di non essere stati LORO a mettere le mani addosso a Capezzone.
Persone che sono le prime a gridare indignati contro i poliziotti che sono stati mandati a sedare (con metodi comunque discutibili) i disordini a Cagliari e Terzigno (per non parlare dell'ormai infame G8 di Genova), accettano e giustificano di buon grado l'accaduto, esprimendosi così:
"A forza di chinare la testa ci riduciamo a strisciare e poi uno non ce la fa più, si alza e fa un casino che non finisce più. Quell'uno viene pure visto come un pazzo da condannare. Forse quell'uno ha una dignità, un bisogno di rispetto (diritto di ogni essere umano) ignorato dai padroni. In una società civile, nessuno si sognerebbe di agire in questa maniera verso uno che fa bene il suo lavoro di Governare la sacra patria, verso uno che rispetta il cittadino che è il proprio datore di lavoro. E poi se parliamo di violenza allora che diciamo di quei poliziotti che sono stati mandati a spaccare teste a Cagliari. Ripeto: sono stati mandati, da chi? Da chi non si sporca le mani ma fa molta più violenza di uno che si toglie uno sfizio per strada. E ribadisco, lo invidio perchè un Capezzone venderebbe sua madre per un pugno di voti, e nei fatti, quindi, è stato un incontro regolare tra 2 squilibrati, se proprio vogliamo metterla così. Sulla liceità non mi esprimo perchè è un concetto anacronistico."

Non penso che siano necessari ulteriori commenti.