21 gennaio 2011

L'apoteosi della faccia tosta












Per il lettore che non si ferma al messaggio evidente delle notizie, ma ne traguarda i retroscena, il "sexygate" scatenato attorno al premier ha almeno un risvolto positivo.

Nella fattispecie, raggiunge l'obiettivo di smascherare l'evidente ipocrisia e la faccia tosta di alcuni soggetti.

Mi riferisco alle più recenti esternazioni della santa sede ("s" RIGOROSAMENTE MINUSCOLE, NdR).
I suoi portavoce si proclamano "turbati come Napolitano" (ah beh, allora...) e "in ansia per la stabilità", oltre a condannare duramente la vicenda e ad esigere "più moralità".

Chiariamo: è indubbio che il comportamento attribuito al Cavaliere (laddove sia dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio, sulla qual cosa sussitono delle perplessità) non si addice nella maniera più assoluta ad una persona che rappresenti una Nazione, e che a prescindere dalla veridicità delle accuse ci si aspetterebbe un atteggiamento differente ed anche un dignitoso passo indietro dalla scena politica, almeno finché non sia stata fatta chiarezza.

Quello che mi interessa sottolineare in questo frangente è il fatto che il Vaticano ancora una volta ha parlato a sproposito quando invece sarebbe stato opportuno tacesse.
Innanzitutto, di quale "stabilità" si dichiarano preoccupati? Non mi risulta che le vicende di Berlusconi influiscano sulla stabilità di governo della Città del Vaticano: se si riferiscono all'Italia, mi sembra un'ingerenza nelle vicende politiche di uno Stato Sovrano differente da quello che rappresentano.
Questo non vuol dire che essi non debbano essere liberi di esprimere il proprio pensiero a riguardo, ma non ritengo che quest'ultimo debba avere per lo Stato italiano maggior rilevanza delle chiacchiere da bar.

Dove veramente si entra nell'ambito dell'ipocrisia più sfacciata è quando i suddetti signori danno voce al proprio presunto "bisogno di moralità".
Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso nonché uno dei più autorevoli esponenti del Consiglio permanente della Cei,  afferma in merito alle feste ad Arcore: “Sono spettacoli indecorosi, un crimine verso i giovani”.
L'affermazione in sé è completamente condivisibile e ci sarebbe poco da obiettare...quello che mi dà fastidio è il pulpito da cui viene la predica (in questo caso la metafora calza a pennello): come la mettiamo con i numerosi casi di pedofilia perpetrati da vari sacerdoti, che il Vaticano ha costantemente insabbiato ed impedito di perseguire legalmente (sottraendo i colpevoli alla giustizia ordinaria trasferendoli e opponendo tutta una sequela di giustificazioni più o meno sostenibili) fino a quando non sono diventati troppo evidenti?
Quelle vicende quale spettacolo hanno offerto ai giovani? Uno spettacolo cui sono stati fatti partecipare controvoglia, peraltro. E mi pare che il problema sia ben lungi dal dirsi risolto, tra le altre cose.

Un mio amico mi ha fatto notare che quando si punta un dito per accusare un'altra persona, la stessa mano ne punta tre contro noi stessi: il significato è che prima di stracciarsi le vesti presumendosi gigli immacolati, occorrerebbe fare un minimo di autocritica.

E magari valutare se non sia il caso di tacere.
Sempre che la ragion politica non sia più forte della dignità.
(Quest'ultima frase vale anche per il personaggio al centro della vicenda scatenante, oltre che per
quelli che fino a ieri sputavano sui preti pedofili, salvo usarli oggi come arma contundente per puntare il dito contro la moralità dell'Arcinemico...)