28 agosto 2006

Le voilà!

Non più tardi di una settimana fa, Romano Prodi affermava tronfiamente:

"si fa di ora in ora più concreta la possibilità che sia affidato all'Italia il comando della forza multinazionale dell'Onu in Libano"

Avevo già espresso dubbi nel mio precedente post.
Appunto.

Qualcuno ha ritenuto opportuno affiancare un "cane da guardia". Perché?
Una interpretazione la fornisce Maurizio Blondet (sempre scremando l'immancabile sensazionalismo...): vorrei in particolare riportare un passaggio topico dell'articolo.

(Prodi e D'Alema, NdBG) Hanno fretta di portare i nostri soldatini in Libano. Non ci vanno i tedeschi, i francesi si sono defilati: ma noi prendiamo il comando della «missione», salta su Prodi e D’Alema. I primi della classe della politica mondiale. Allora, Parigi ha ceduto: essenzialmente per non lasciare il comando a un’Italia le cui qualità militari sono storicamente spregiate: non per colpa dei suoi soldati, ma le armate italiane hanno spesso cominciato la guerra con un alleato per finirla con un altro, quando non si sono sgretolate sotto l’attacco. (Si legga, per un lucido ancorchè misericordioso giudizio sul nostro passato militare, THE ITALIAN MILITARY ENIGMA, del maggiore dei Marines Eric G. Hansen, 1988 (su GlobalSecurity.org), con ampie citazioni di Rommel, Kesslring e generali inglesi che ci hanno conosciuto da vicino come alleati e come nemici (o l’uno e l’altro successivamente). Hansen esamina le debolezze del nostro apparato militre, la viltà dei generali e dei politici, e le tragedie dei nostri soldati mandati allo sbaraglio in tutte le guerre senz’armi adeguate né addestramento, senza rifornimenti né organizzazione: di fatto, a farsi umiliare e coprirsi di vergogna con ritirate e rotte, e non per colpa loro.)
...
I nostri corpi di élite (la solita Folgore) hanno riscosso la stima generale nelle operazioni di pace. Ma le operazioni di pace sono operazioni di polizia e sorveglianza, essenzialmente diverse da una guerra: non solo qui anche i nostri migliori soldati non sono sperimentati, ma la fiducia tra governanti e governati, e volontà della nazione dietro i combattenti – necessarie quando in linea la morte non è una possibilità, ma quasi la certezza – non è loro garantita.

Quindi, caro (?) premier, ancora una volta la credibilità italiana è ben al di là da venire, e sicuramente non sono le Sue affermazioni opinabili e il Suo altrettanto opinabile modo di condurre le cose ad avere generato un'improvvisa onda di entusiasmo paneuropeo nei confronti della Penisola. Come si dice dalle mie parti: "VOLA BAS!"

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