05 maggio 2008

Nuovo catalogo Rapitour online



Mi riallaccio a quanto ho scritto su DeliriumFremens riguardo alla geniale mossa di pubblicare online le dichiarazioni dei redditi dei cittadini.

Mi ha molto stupito la posizione di Vittorio Feltri, col quale solitamente mi trovo d'accordo. Il direttore di Libero, intervistato al TG1, ha bollato di pretestuosità il parere di chi si esprimeva contro il provvedimento in questione perché fornirebbe alla criminalità uno strumento per individuare più facilmente i papabili per attività di rapimento o estorsione. Il referente più immediato è ovviamente Beppe Grillo.
Ecco, non vorrei che l'ansia di prendere le distanze da questo scomodo personaggio avesse minato l'obiettività del giornalista...perché è senz'altro vero che la grande criminalità organizzata non debba ricorrere a tali mezzucci, disponendo di canali di informazione molto più affidabili e capillari, ma la microcriminalità indipendente (del cui rifiorire non possiamo far altro che ringraziare il mai-troppo-ex Guardasigilli Mastella, che vada in malora lui e il suo indulto!) potrebbe sicuramente trarne giovamento.

Ho sentito anche, con raccapriccio, gente che obiettava a questa visione sostenendo che "intanto quelli che hanno veramente i soldi non si fanno intestare niente direttamente e quindi dichiarano una miseria": è un ulteriore esempio dell'atmosfera di "demonizzazione della proprietà" (o più propriamente: di "demonizzazione di chi ha più di me") che scaturisce dalla mentalità pettegola ed invidiosa tipica dell'italiano medio(cre).

Ma, anche tralasciando queste speculazioni ipotetiche, sussistono comunque elementi oggettivi innegabili che rendono fortemente opinabile l'iniziativa del vice-ministro (sì, e Giuliano Ferrara è una vice-ballerina del Bolscioj) Visco.
Innanzitutto è assurdo che, dopo tutte le misure sulla privacy (di cui alcune veramente assurde, come il non poter installare delle telecamere di sorveglianza su una proprietà se si rischiano di inquadrare collateralmente zone pubbliche), venga consentita la diffusione massiccia di informazioni per cui il contribuente NON HA dato il proprio esplicito consenso.
In secondo luogo, la possibilità di consultare in modo anonimo un qualsivoglia numero di dichiarazioni spalanca un portone per comportamenti al limite della liceità: le società di pubblicità e promozione potranno attingere ad una banca dati perfetta per poter profilare i potenziali acquirenti, trovando anche i recapiti per poter più facilmente rompere le palle ai suddetti (ricordiamoci che nella dichiarazione dei redditi sono indicati anche numero di telefono e/o e-mail del contribuente); e non parliamo del mercato del lavoro: se io decido di licenziarmi e propormi ad una nuova azienda, il capo del personale di quest'ultima potrà avere a disposizione i dati relativi ai miei più recenti introiti e, qualora fosse in malafede, poter così ridurre le mie potenzialità di negoziazione...

Va infine segnalato come il primo ad essere in malafede sia appunto Visco stesso quando afferma che la pubblicazione dei redditi sia una pratica comune in tutte le democrazie: in Europa, solo la Finlandia consente di consultare i redditi di chicchessia, mentre negli altri paesi tali dati sono comunque coperti da riserbo, tranne quelli dei politici.
Ma in Italia la Casta non accetterebbe mai di mettersi così in discussione, e perciò deve trovare uno stratagemma per fare in modo che una cosa del genere sia vista come il fumo negli occhi!
Certo, il pretesto della caccia all'evasione rende giustificabile agli occhi di molti italiani il perpetrarsi di qualunque abominio...però anche se questo fosse l'obiettivo principe, al solito si è scelto di intervenire sull'effetto (la dichiarazione) invece che sulla causa: fare in modo che chi gode di un notevole reddito non possa intestare i propri beni a destra e a manca e risultare agevolmente nullatenente (ad esempio dichiarare solo 90.000 Euro quando ciò non sta né in cielo né in terra, vero ProFESSOr Prodi?)

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