21 maggio 2009

Anche costei vaneggia



Un po' ciascuno, e che diamine! Mica vogliamo lasciare tutto il palcoscenico ai politici!
Oggi, ad esempio, è il turno di Emma Marcegaglia. Nell'assemblea annuale di Confindustria ha proferito affermazioni che lasciano di sasso.

Per carità ha detto anche cose assolutamente condivisibili (una su tutte: "La montagna di crediti delle imprese verso le PA è una patologia insopportabile.I ritardi nei pagamenti, già gravissimi, si sono allungati"), però sono state immediatamente controbilanciate da proposte puramente demenziali!

In prima istanza, quando chiede alle Banche di erogare ancora maggior credito alle imprese.
Pare che in Italia sia pieno di imprenditori: tutti sono convinti di avere idee mirabolanti, e che il lavorare come dipendenti ponga delle pastoie intollerabili alla propria possibilità di successo e gratificazione personale.
Ora, nel Regno di Utopia questo ragionamento non fa una grinza e strappa applausi di ammirazione. Peccato che nel mondo reale ogni tanto sia necessario utilizzare il raziocinio, e che questo aumenti sensibilmente il delta tra il risultato atteso e quello effettivo.

Nella fattispecie, ci sono tante aziende che partono con idee e buona volontà, salvo poi trovarsi ad annaspare con l'acqua alla gola. Questa situazione può scaturire da varie cause non mutuamente esclusive:


  1. Forse l'idea iniziale non era così buona o così originale

  2. Forse si è partiti troppo in grande rispetto alla realtà che si sa gestire

  3. Forse il livello di servizio erogato è scadente, o il prezzo è esoso

  4. Speculazione e malafede varia

  5. ...altro che al momento non mi sovviene...

  6. Un altro piccolissimo dettaglio di poco conto, sul quale tornerò più avanti

Riassumendo, si può dire che se l'impresa non decolla o è in difficoltà, tranne che nell'ultimo caso la colpa primaria è della gestione. A questo punto occorrerebbe che l'imprenditore utilizzasse il raziocinio e capisse che se non è cosa, è meglio lasciar perdere.
Invece no: la penisola è piena di gente che mette in piedi un business, le cose non vanno, lo chiude, ne apre un altro, le cose non vanno, lo chiude, ne apre un altro...e così via!
Per carità, non solo in Italia capitano queste cose...però non mi pare il caso di spronare le banche ad assecondare questi soggetti (magari - naturalmente - con massicce iniezioni di "fiducia liquida" da parte del governo): eroghi un prestito come a tutti i comuni mortali e stop. Se l'imprenditore è bravo e l'azienda prospera, ripagherà il debito e tutti felici e contenti. In caso contrario, tanti saluti, chiuderà baracca e dovrà rendersi conto che forse la sua strada è un'altra...
La vicenda Alitalia non ha insegnato nulla?

Rimane da chiarire quell'ultimo punto, che in qualche modo si riallaccia alla frase della Marcegallia che condivido. In effetti può capitare che alcune aziende si trovino in difficoltà per cause indipendenti dalla propria volontà, quando i clienti sono insolventi, tipicamente perché la loro gestione rientra nei primi 5 punti esposti prima.
Oppure quando viene a costoro concesso di pagare secondo il loro comodo, a 120 giorni ad esempio: questo capita quando si ha a che fare con le grandi aziende che hano assunto un ruolo di "ammortizzatore sociale"...il caso tipico è quello della Nota Compagnia Automobilistica Torinese, meglio conosciuta come Infame Boita Gioanin Lamiera, ma il discorso può essere ampliato ad altre ditte solitamente dirette dagli amicici degli amicici di chi siede in posizioni di governo locale e nazionale.

Ecco, perché la Presidente di Confindustria non invita il Governo a ridimensionare (magari ad eliminare) queste situazioni che, capitassero ad esempio negli USA, avrebbero come naturale esito l'iscrizione del debitore alla procedura fallimentare? (E ancora una volta mi viene in mente Alitalia...per non parlare del "prestito-ponte", riguardo al quale sto ancora aspettando di leggere una qualche spiegazione firmata del perché non sia stato restituito)

Ma è soprattutto l'ALTRO argomento toccato dalla Marcegaglia che mi ha fatto venire il travaso di bile.
Notare il ragionamento sopraffino: "Siamo il Paese con la spesa sociale più squilibrata a favore delle pensioni, per le quali spendiamo quasi il 16% del Pil, contro il 9,5% dei Paesi avanzati. L'unica via sostenibile per difendere le prestazioni previdenziali e reperire le risorse per crescere è ritardare il ritiro dal lavoro''.

Non fa una grinza: evidentemente tutti i giovani che lamentano il fatto di non riuscire a trovare lavoro sono dei poveri rincoglioniti.
Ancora una volta si preferisce agire sugli effetti e non sulle cause, con buona pace della razionalità e nell'interesse di preservare gli interessi personali dei privilegiati delle pensioni d'oro.
Perché non viene invece chiesto al Governo di verificare PERCHE' l'INPS si trovi in queste condizioni, nonché di riesaminare in modo serio l'entità e le tempistiche di erogazione di determinate rendite vitalizie garantite a certe categorie di persone che hanno versato i contributi per 15-20 anni al massimo, senza parlare di quelle percepite dai loschi figuri che abbiano portato a compimento almeno la metà di un periodo di legislazione (e che sicuramente hanno ANCHE uno stipendio parlamentare attualmente)?

Chissà perché non ha invece citato il fatto che i salari in Italia siano i più bassi della Comunità Europea...mah! Non avrà avuto tempo!

In buona sostanza, signora Emma, non Le sto a dire cosa si può fare con le sue proposte, ma Le consiglio di stamparle su carta a doppio velo, altrimenti potrebbero insorgere irritazioni di altro tipo rispetto a quelle espresse qui.
E mi consenta di rimarcare che il fatto che il Premier abbia replicato "Il tuo intervento è una foto assolutamente precisa della nostra situazione e di quanto c'è da fare. E sono tutte cose che noi vogliamo fare" mi riempie di molta, molta, molta apprensione!

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