08 giugno 2006

Nomine (o almeno, tentate tali) opinabili

È di ieri la notizia che la presidente "in pectore" della Commissione Difesa del Senato, l'ottantaduenne senatrice di Rifondazione Comunista Lidia Menapace, ha "sorprendentemente" perso alle votazioni per tale carica, a vantaggio dell'esponente dell'Italia dei Valori Sergio De Gregorio (con l'appoggio della Casa delle Libertà).
Naturalmente la signora Menapace ha avuto subito la signorilità di sottolineare come questo risultato sia frutto della malafede, dell'inghippo.

Ora, è noto che il senatore De Gregorio è oggettivamente incline a cambiare schieramento con disinvoltura: l'anno scorso, alle regionali campane, nel giro di un mese si è candidato come leader della associazione "Italiani nel mondo", quindi per Forza Italia, per la Dc e finalmente per l'Idv per le politiche del 9 e 10 aprile.
Nonostante l'elezione del personaggio in questione possa sollevare più di un "caveat", ci sono buone ragioni per aver scartato la signora Menapace.
  1. In primis, e lungi da me essere irrispettoso, dopo l'elezione dell'85enne Napolitano a Presidente della Repubblica, e la propugnata nomina dell'87enne Andreotti alla presidenza del Senato, l'elezione di una persona di 82 anni a tale carica sarebbe rientrata perfettamente nel quadro de "Il vecchio che avanza"...mentre da tempo si sente la necessità di un rinnovamento e di un ringiovanimento di tutto lo scenario politico.
  2. Secondo, ma non in ordine di importanza, le sue idee in fatto di difesa sono alquanto balzane: è notorio infatti che ella non sia una sostenitrice delle Forze Armate in genere e delle Frecce tricolori in particolare, da quanto si evince da una sua recente affermazione
Ma questa vicenda, soprattutto, porta ancora una volta alla ribalta la precarietà dell'accozzaglia di Governo, capitanata da Romano Prodi. Come scrive la Gazzetta del Sud:

Il caso Menapace porta alla ribalta la questione di fondo: chi ha vinto le elezioni? Se le ha vinte Prodi, le molte anime della sua coalizione debbono incarnarsi in un soggetto collettivo - il governo - che tutte le rappresenta senza identificarsi con nessuna. Ma se ognuno dei partiti coalizzati si pretende vincitore in proprio, e quindi titolato a recitare una parte da protagonista nella commedia comune, tanto vale che il governo di centrosinistra chiuda bottega prima che salve di pomodori si abbattano sulla scena.
...
O il governo è una federazione di tribù, ognuna con un proprio lotto di presenza politica, ovvero è l'espressione del programma comune fatto dei contributi e delle rinunce di ciascuno.

Lo scenario è reso ancora più grottesco dalla faida interna all'Italia dei Valori, dopo l'elezione di De Gregorio! E questo rafforza ancora una volta l'idea che se nemmeno all'interno dei partiti della coalizione di Governo non sussiste un intento comune, è ben difficile che tutta l'orchestra riesca ad andare d'amore e d'accordo se non episodicamente.

P.S.: Come è da esecrare l'affermazione di Enzo Biagi all'indomani dell'elezione di Letizia Moratti a Sindaco di Milano («Un tempo le signore si dedicavano al ricamo. La signora Letizia ha scelto la politica»), allo stesso modo è da sottolineare negativamente il commento del presidente dei deputati di Alleanza nazionale Ignazio La Russa in questa circostanza, quando afferma «Mi felicito con i senatori di An che, con il loro voto, hanno fatto in modo di far tornare nell'oblio questa signora che, se ne avesse, farebbe meglio a occuparsi dei nipotini»! Una brutta caduta di stile per un uomo politico che diversamente ho sempre stimato profondamente.

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